Ordinanza cautelare del Tribunale di Bologna del 19 marzo 2023
Con un’ordinanza del 19 marzo 2023, emessa nel corso di un procedimento cautelare, il Tribunale di Bologna ha equiparato la protezione speciale al diritto d’asilo. Vediamo come e quali conseguenze comporta.
1. Che cos’è la protezione speciale?
Si tratta di una forma di protezione prevista dall’art. 19 c. 1 e 1.1 del testo unico immigrazione ed è riconosciuta a favore dello straniero che rischi si essere espulso o respinto verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto da tale persecuzione. Ancora, la protezione speciale è rilasciata nei confronti dello straniero che, in caso di rientro nel proprio Paese d’origine, rischi di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, o qualora l’espulsione sia vietata in ragione di obblighi di tipo costituzionale o internazionale dello Stato italiano (art. 5 c. 6 del testo unico immigrazione).
2. La decisione del Tribunale di Bologna
Il ricorrente, cittadino egiziano, era detenuto presso la Casa circondariale di Bologna e durante la detenzione ha sempre dimostrato partecipazione e adesione all’attività rieducativa, seguendo corsi, raccogliendo attestati e lavorando. Verso la fine del periodo detentivo ha ottenuto la misura alternativa della semilibertà, svolgendo un tirocinio fuori dal carcere presso una pizzeria. Buona parte dei soldi guadagnati li inviava ogni mese alla propria famiglia in Egitto. Non possedeva né ha mai posseduto un permesso di soggiorno.
La situazione lavorativa e il livello di integrazione raggiungo in carcere attraverso la partecipazione all’opera rieducativa suggerivano la possibilità di richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 19 c. 1.1 d.lgs. del testo unico immigrazione, nella sua formulazione antecedente alla riforma operata dal d.l. 20/2023.
All’atto della scarcerazione ha ricevuto un invito a presentarsi presso la Questura di Bologna per “regolarizzare la propria posizione circa la sua permanenza nello Stato italiano”. Il ragazzo si è presentato con un’istanza di rilascio della protezione speciale firmata, che ha richiesto di depositare. Il funzionario preposto, tuttavia, ha impedito la formalizzazione dell’istanza, invitando il ricorrente a presentarsi il lunedì seguente. Il ricorrente si è dunque recato in questura il primo lunedì utile, ma non gli è stato concesso di formalizzare l’istanza in quanto sprovvisto di passaporto. Nonostante numerose insistenze, è stato necessario proporre ricorso d’urgenza ex art. 700 del codice di procedura civile, chiedendo al Tribunale di Bologna di ordinare la presa in carico della richiesta in assenza di passaporto, documento non richiesto a norma di legge sulla base delle considerazioni che seguono.
A norma dell’art. 9 c. 6 d.p.r. 394/1999, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno a favore del richiedente asilo non sono richiesti né il passaporto né un documento equipollente. Secondo costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, il diritto d’asilo costituzionale si esaurisce nelle tre forme di protezione previste dall’ordinamento italiano: status di rifugiato, sussidiaria e speciale. Pertanto, il richiedente la protezione speciale è a tutti gli effetti un richiedente asilo e si applica nei suoi confronti la norma poco sopra citata.
Il Tribunale di Bologna ha dunque accolto le tesi difensive, riconosciuto che la protezione speciale rientra all’interno del diritto d’asilo e ordinato alla questura di acquisire la richiesta del ricorrente in assenza di passaporto.
3. Le conseguenze in tema di ricongiungimento familiare
L’art. 28 del testo unico immigrazione riconosce il diritto a mantenere o a riacquistare l’unita’ familiare nei confronti degli stranieri “titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero
per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari”.
Secondo un’interpretazione restrittiva di questa norma, condivisa da molte Pubbliche amministrazioni, il titolare di protezione speciale non potrebbe richiedere il ricongiungimento familiare dei propri cari. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, però, la protezione speciale è a tutti gli effetti espressione del diritto d’asilo e il permesso di soggiorno rilasciato va appunto considerato “per asilo”. Ne consegue la possibilità di richiedere il ricongiungimento familiare al pari dei titolari dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.
4. Perché rivolgersi a un avvocato esperto di immigrazione a Bologna?
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