Ricongiungimento familiare: la legittimità del nuovo limite di due anni di residenza regolare

Il ricongiungimento familiare è un diritto riconosciuto a chi risiede legalmente in Italia, ma recenti modifiche legislative ne hanno ristretto l’accesso. Il decreto legge 145/2024 ha introdotto un limite di due anni di soggiorno regolare per alcune categorie, suscitando dubbi di compatibilità con il nostro orientamento giuridico e legittimità costituzionale. L’impatto di questa norma solleva interrogativi sul rispetto dei diritti umani e sull’equilibrio tra esigenze statali e tutela della vita familiare. Vediamoli insieme.

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1. Quali sono i nuovi limiti introdotti al ricongiungimento familiare?

Il decreto legge 145/2024 ha modificato l’articolo 28 del Testo Unico Immigrazione introducendo un requisito di due anni ininterrotti di soggiorno legale in Italia per poter richiedere il ricongiungimento familiare, ad eccezione dei titolari di protezione internazionale e dei figli minori. Il limite si applica a coniugi, figli maggiorenni a carico e genitori, riducendo di fatto l’accessibilità al diritto per molte famiglie straniere.

2. Il nuovo limite è compatibile con il Testo Unico Immigrazione?

L’introduzione del requisito temporale appare in contrasto con altri articoli del Testo Unico Immigrazione, in particolare con l’art. 5, comma 5, che impone una valutazione dei legami familiari prima di negare o revocare un permesso. L’assenza di una clausola di bilanciamento personalizzato nella nuova norma può rendere problematica la sua applicazione, specialmente nei casi di coesione familiare e per soggetti vulnerabili.

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3. Il limite rispetta i diritti sanciti dalla Carta dei Diritti UE e dalla CEDU?

Sebbene gli Stati possano limitare l’immigrazione, la norma deve rispettare il diritto al rispetto della vita familiare sancito dall’articolo 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dall’articolo 8 della CEDU. L’introduzione di un limite rigido, privo di una valutazione caso per caso, può essere interpretata come sproporzionata e quindi contraria a tali principi, specialmente in assenza di alternative legali per mantenere l’unità familiare.

4. Il limite può essere considerato legittimo alla luce della giurisprudenza europea?

La giurisprudenza della CEDU riconosce un margine di discrezionalità agli Stati, ma impone la necessità di un bilanciamento tra interesse pubblico e diritti individuali. Un periodo di attesa può essere legittimo solo se limitato, giustificato e accompagnato da una valutazione personalizzata. L’assenza di tale procedura nella disciplina italiana potrebbe portare a contenziosi giudiziari e a una possibile declaratoria di illegittimità.

5. Perché rivolgersi a un avvocato esperto di Immigrazione a Bologna?

Un avvocato esperto in diritto dell’immigrazione può fornire consulenza e assistenza, sia giudiziale che stragiudiziale, in tantissimi ambiti della vita dello straniero, tra cui la richiesta di ricongiungimento familiare. Con il nostro aiuto potrai comprendere se il limite di due anni si applica o meno al tuo caso specifico.

Integra – immigrazione, lavoro e diritti offre una vasta gamma di servizi e si trova a Bologna, in via Cesare Battisti 33 e a Pesaro in Viale della Vittoria 161.

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